La nube della contemplazione

Cos’è la contemplazione? Come viene definita all’interno della tradizione cristiana classica? Chiedendo scusa alla tradizione di Ignazio di Loyola, che inquadra le cose in modo diverso, definirei la contemplazione: preghiera senza immagini e immaginazione, cioè preghiera senza il tentativo di concentrare i propri pensieri e sentimenti su Dio e su cose o parole sante (come Maranatha).

La contemplazione è il semplice esercizio dell’attenzione (ad-tendere). “L’attenzione che cerca la preghiera, troverà la preghiera. La preghiera, infatti, non deriva che dall’attenzione, ed è di questa che bisogna occuparsi” (Evagrio Pontico, Sulla Preghiera, n. 149).

La contemplazione è una preghiera così singolare nella sua intenzione di essere solo un essere presenti a Dio, rifiutando tutto il resto, anche i pensieri pii e i sentimenti santi in modo da sedersi semplicemente nell’oscurità, in una deliberata non conoscenza, all’interno della quale tutti i pensieri, le immaginazioni e i sentimenti su Dio non sono più incoraggiati e non ci si intrattiene più con loro, così come non ci si intrattiene con nessun altro pensiero, immagine e sentimento.

Con le parole dell’autore anonimo de “La Nube della non conoscenza” si tratta di un semplice tendere verso, attendere direttamente verso Dio. Oppure con le parole di Louis Lallemant: “L’orazione di silenzio o di quiete è un semplice ed affettuoso sguardo a Dio, un’amorosa attenzione alla sua presenza, ed un dolce riposo dell’anima in Lui”.

Nella preghiera contemplativa, dopo un breve atto iniziale di attenzione amorevole, ci si siede semplicemente, ma ci si siede con l’intenzione di protendersi direttamente verso Dio al di là del sentimento e dell’immaginazione. Si lascia andare tutto questo in modo tale che i sentimenti, i pensieri e le immaginazioni soggettive non possano manipolare o controllare quanto si fa presente all’attenzione.Ed è proprio su questo punto che la preghiera contemplativa è sovente fraintesa e criticata.

Ci si può domandare:

Perché non dovremmo cercare di promuovere e intrattenere pensieri santi e sentimenti pii durante la preghiera, non è questo che stiamo cercando di fare nella preghiera? C

Come possiamo pregare quando non facciamo niente, ma solo seduti? Non è questa una qualche forma di agnosticismo?

Come possiamo incontrare un Dio amorevole e personale in questo? Non è semplicemente una qualche forma di meditazione trascendentale che può essere usata come una forma di ricerca di sé, uno yoga mentale?

Dov’è Gesù in tutto questo? In particolare, che fine fa il mistero dell’incarnazione?

Lascerò che sia l’autore della “Nube della non conoscenza” a rispondere: “Perciò devi sempre sopprimere l’intensa attività della tua immaginazione che vien sempre a disturbarti allorché ti disponi a questa cieca contemplazione. Che se tu non la sopprimi, sarà lei a farlo con te. Così che quando sei convinto di trovarti in questa oscurità e di non aver altro pensiero all’infuori di Dio, se vi fai ben attenzione noterai che la tua mente non è affatto occupata da questa oscurità, ma dalla chiara considerazione di qualcosa al di sotto di Dio. In tal caso, questo qualcosa se ne sta per il momento al di sopra di te, in mezzo tra te e il tuo Dio. Fa’ dunque il serio proposito di rigettare simili considerazioni, per quanto possano essere sante e attraenti. Una cosa ti voglio dire: giova di più alla salvezza della tua anima, ha più valore, in se stesso e piace di più a Dio e a tutti gli angeli e i santi in cielo — sì, è di maggiore aiuto a tutti i tuoi amici nel corpo e nello spirito, vivi o morti — questo cieco slancio d’amore verso Dio in se stesso e questa continua e segreta pressione d’amore verso la nube della non-conoscenza. Meglio dunque sarebbe avere un simile atteggiamento e provarlo come fosse un sentimento spirituale, piuttosto che contemplare o fissare l’attenzione sugli angeli o i santi in cielo, o ancora ascoltare la gioiosa melodia che circonda beati. Non meravigliarti di quanto ti dico. Se tu potessi anche una sola volta percepire chiaramente questo slancio d’amore e questa segreta pressione, così da giungere per grazia a impossessartene e a sperimentarli in questa vita, la penseresti anche tu come me. Stai pur certo, però, che non potrai mai avere la chiara visione di Dio qui in questa vita. Puoi comunque aver coscienza di lui, se Dio stesso te lo concede per sua grazia. Eleva dunque il tuo amore fino a quella nube. O, per meglio dire, lascia che Ilio attiri il tuo amore su su fino a quella nube. E sforzati, con l’aiuto della sua grazia, di dimenticare tutto il resto” (cap. 9).

In sostanza, l’idea è che non possiamo mai scambiare l’immagine per la realtà. Dio è ineffabile e di conseguenza tutto ciò che pensiamo o immaginiamo di Dio è, in effetti, un’icona di Lui. Anche le parole della Scrittura sono parole “su” Dio e non la realtà stessa di Dio.

Certo, le icone possono essere buone, purché siano intese proprio come “icone”, in quanto indicano una realtà al di là di loro stesse; ma non appena le prendiamo per la realtà, la nostra tentazione perenne è di rendere l’icona (pensiero o parola di Dio, sentimento o intuizione su Dio), la stessa realtà di Dio. L’icona diventa così un idolo.

La differenza tra meditazione e contemplazione si basa proprio su questo: nella meditazione ci concentriamo sulle icone, su Dio come appare nei nostri pensieri, immaginazione e sentimenti o nei pensieri, immaginazione e sentimenti anche degli autori biblici. Nella contemplazione, le icone sono trattate come idoli, e la disciplina propria della contemplazione consiste nello “stare”, nel “sedersi” in un’apparente oscurità, dentro una nube di non conoscenza, per cercare di essere faccia a faccia con una realtà che è troppo grande per essere compresa dalla nostra immaginazione. La meditazione, come un’icona, è qualcosa che serve per un po’ lungo il cammino spirituale, ma alla fine siamo tutti chiamati alla contemplazione. Come dice la “Nube della non conoscenza”: “chi cerca Dio perfettamente non si fermerà nella conoscenza di alcun angelo o santo che è in cielo”.

Karl Rahner è d’accordo con tale comprensione della contemplazione: cercare di “amare Dio in quei luoghi dove non si è trasportati da un’ondata di rapimento emotivo, dove è impossibile scambiare se stessi e la propria forza vitale per Dio, dove si accetta di morire per un amore che sembra la morte e la negazione assoluta, dove si grida in un vuoto apparente e in uno sconosciuto assoluto […]”

Questa, in breve, è la preghiera contemplativa, autentica preghiera di quiete.

Una disciplina per vivere.

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