Ti sei mai sentito “tradito” da Dio?

Così mi ha chiesto una cara persona che da un po’ di tempo ha ripreso a credere, ma con grosse difficoltà.

Le ho risposto: Tradito da Dio? Sì… ma dall’immagine che di Dio mi ero e mi son fatto. La mia esperienza è che passo fasi della mia crescita spirituale, in cui mi sento “dis-integrare” e dico: “Signore, perché mi stai facendo questo?”…

Ma questo è “un modo” di rapportarmi a ciò/colui che è Mistero che sempre meno mi appartiene. In questa fase della mia vita spirituale, mi accorgo che non desidero più attribuire a Dio “tradimenti” o “interventi” divini, ma preferisco attribuire alla mia crescita umana dinamiche di passaggio dall’ego (San Paolo direbbe “carne”) al “trans-ego” (San Paolo direbbe “spirito”). Questo dover “passare” ( = PASQUA), questo sì mi disintegra nel “mio io”… tuttavia, mi trans-forma in “Dio”…

Tradimento? Forse sì, ma nel suo senso etimologico di “tradere”, cioè consegnare, abbandonar-si. Mi consegno al mistero. Il Mistero “mi tradisce” nel senso che mi rende capace di abbandonarmi: essere consegnato, cioè “tradito” al flusso vitale delle cose.  

Ti sei mai sentito “tradito” da Dio?

Sì, mi sento “tradito”…

Dio e la Sua immagine

Noi siamo l’immagine di Dio. La nostra umanità riflette la divinità di Dio. Dio si fa conoscere nella umanità di chi noi siamo. Pertanto, conoscere noi stessi, la nostra umanità vuol dire conoscere Dio, chi è Dio. Tuttavia, è conoscerlo nella sua riflessione in noi. Come la luce (divinità) del sole (Dio) non può essere “direttamente” osservata ma solo la sua riflessione in un oggetto, per esempio la luna (l’umanità creata), così Dio può essere conosciuto solo “attraverso/nella” nostra creaturalità.

Come ti comprendi, così comprendi Dio; come comprendi Dio, così ti comprendi. L’immagine che abbiamo di Dio dipende dal come ci comprendiamo, poiché noi siamo “immagine” di Dio, la sua riflessione che “attraverso/in” noi si dà a conoscere. Ovvero, io sono già da sempre “immagine-di-Dio” (genitivo soggettivo), la “Sua” immagine, luce da luce, Dio vero da Dio vero, che “si” comprende attraverso/in la creaturalità umana di cui siamo nel corso della mia vita e della storia dell’umanità.

In questa successiva comprensione della immagine di Dio (gen. sogg.) cioè comprendendo – per mezzo della nostra creaturalità – la riflessione divina, vengo a conoscere “Dio” nella immagine che di Dio si fa la creatura: conosco così l’immagine di Dio (gen. ogg.), cioè la riflessione divina riflessa nella mia comprensione di essa.

È a questa successiva fase della riflessione – chiamerei secondaria – che entra in gioco la possibilità di distorsione, confusione, tradimento, perversione della immagine originaria di Dio. Ciò che comunemente nella Bibbia viene indicato come “peccato”. Ovvero, l’uomo può comprendersi in modo distorto e confuso, perfino perverso, e di conseguenza anche Dio viene in tal modo compreso. Nella Bibbia, quindi, sono presenti rappresentazioni e comprensioni di Dio che sono “peccaminose”, distorte e false. Tuttavia, sono immagini queste che gli scrittori sacri della Bibbia hanno utilizzato per comprendere se stessi e la propria storia. Un esempio: il Dio vendicativo che premia i buoni e condanna i cattivi corrisponde perfettamente all’immagine che l’uomo biblico ha di sé determinato dalla legge del “do ut des”. Se fai il bene sei premiato, se fai il male sei punito. Così in terra e così in cielo.

La Bibbia è la memoria di questa storia dell’auto-comprensione del popolo come “immagine-di-Dio” (gen. sogg.), attraverso varie fasi del cammino alla piena umanità di sé. La crescita nella comprensione della umanità propria e universale ha influito nella comprensione della “rivelazione-di/Dio”. Non è Dio che si è rivelato “a tappe” nella storia di Israele, rivelandosi con volti diversi e sempre più umani, ma è il popolo di Israele – e Gesù di Nazareth è membro di questo popolo- che attraverso le tappe della propria crescita è giunto a conoscere sé e il Suo Dio come una cosa sola. La comprensione che Gesù aveva della sua umanità, “figlio-di-Dio”, riflessione nitida e trasparente della riflessione divina, ha fatto sì che il volto di Dio venisse rischiarato e purificato dalle immagini perverse e peccaminose – propagate in nome della religione e della tradizione – l’originaria benedizione del creato.

“Filippo disse a Gesù: ‘Signore, mostraci il Padre e ci basta’. Gli rispose Gesù: ‘Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse’” (Gv 14, 8-11).

La dottrina trinitaria, quindi, è la metaforica espressione – attraverso immagini come Padre, Figlio e Spirito Santo – di questa radicale ed essenziale realtà di Dio. Dio è la Sua immagine e noi siamo questa Sua immagine con tutte le creature. Dio vero da Dio vero, luce da luce.