Tutto/parte: mutualità?

È biunivoca la relazione tra le parti che compongono il Tutto e il Tutto?

È biunivoca la relazione parte-Tutto?

Giulio Goggi – autorevole interprete di Emanuele Severino – risponde sì. Leonardo Messinese – autorevole interprete di Tommaso d’Aquino e di Bontandini – risponde di no.

Non mi soffermo ad esaminare il pensiero di Messinese. Preferisco rifarmi all’idea della “relatio non ex aequo” di Tommaso, interpretandola alla luce della dottrina della creatio ex nihilo.  

Il punto è questo. Le parti sono tali solamente in riferimento al Tutto di esse e la relazione delle parti (gen. soggettivo) al Tutto fa parte di questo riferimento al Tutto. Secondo Goggi, anche il Tutto è tale solamente in riferimento alle parti, per cui la relazione del Tutto (gen. soggettivo) alle parti, fa “parte” di questo riferimento. Non si dà il Tutto senza le parti e il suo riferimento ad esse, così come non si danno alle parti senza il Tutto e il loro riferimento ad esse. Il “Tutto”, quindi, è l’identità dell’Infinito concreto. Se togliamo al Tutto il suo riferimento alle parti, riconosciamo al Tutto un’identità formale e non concreta. Il “Tutto-senza-relazione-alle-parti” è identità formale. Il “Tutto-con-relazione-alle-parti” è identità concreta.

Mi chiedo. È così pensato veramente il Tutto senza contradizione? Infatti, se la relazione del Tutto alle parti “fa parte” del Tutto in quanto tale, cioè che questa sua relazione è una parte assieme alle altre parti e inoltre se questa relazione del Tutto alle parti costituisce l’identità concreta del Tutto, significa che il Tutto diventa “parte” del Tutto che però non è più Tutto ma parte. Dunque, ne segue che qualora la relazione del Tutto alle parti fa parte del Tutto, non c’è più il Tutto con le sue parti ma solo le parti. Ma cosa sono le parti senza il Tutto? Le parti non sono più “parti” e quindi “non-sono”. Porre la relazione del Tutto-alle-parti (gen. soggetivo) come “parte” del Tutto significa dissolvere il Tutto e le parti.

Questa è la latente contraddizione della posizione di Goggi che ai nostri giorni è ripresa in campo filosofico e teologico da alcuni rappresentanti del panenteismo processuale di Whitehead. Questi affermano, infatti, che Dio (= Tutto) evolve con le creature; Dio soffre con loro ed è mutato nel lasciarsi coinvolgere e “toccare” dalle creature. La relazione-alle-creature costituisce l’identità di Dio, cioè del Tutto.

Pur condividendo il panenteismo di questa comprensione, non posso far mia il modo (contraddittorio!) con cui questo viene articolato. Sono d’accordo nel ritenere – con il panenteismo – che la relazione-alle-creature costituisce l’identità del Tutto, per cui l’identità di Dio è la Sua relazione-alle-creature. Ciò che manca nei pensatori processuali e nel modo con cui viene da loro articolato il panenteismo un’adeguata assunzione del concetto di creatio ex nihilo. La relazione-alle-creature che identifica Dio è una relazione creatrice. In termini tommasiani: una relatio non ex aequo. Ciò significa che non è una relazione che “aggiunge” qualcosa all’identità di Dio, come sarebbe nel caso si predicasse una relazione “biunivoca” tra parte-Tutto, creatura-Dio.  La relazione reale, infatti, quando viene predicata di qualcosa o qualcuno, aggiunge qualcosa all’identità ontologica del qualcosa/qualcuno. Ma la creazione “non” aggiunge qualcosa a Dio ma è l’espressione o apparizione di Dio.  

Dio (x) è l’apparizione del creato (x + y). Questa è l’equazione fondamentale di ciò che propongo come Monismo relativo (x = x + y). Se si risolve l’equazione, ne segue che il Tutto/Dio (x) si identifica in quanto tale, cioè come Tutto/Dio (x) in questa apparizione del creato (x = x), mentre il creato è “nulla” (y = 0) solo se “astratta-mente” considerato a prescindere dall’apparizione in cui è posto. Si annienta il creato nel momento in cui l’essere del creato viene isolato dall’apparizione (creatrice) in cui “ek-siste” e consiste. Il creato “è” nell’apparire: nel senso che la realtà creata sta “nel” tutto dell’apparire e non è “oltre” l’apparire. Ma di chi è questo apparire? È l’apparire della parte/creatura oppure del Tutto/Dio? È l’apparire del Tutto/Dio (gen. soggettivo). E la parte/creatura “non” appare? Niente affatto! La creatura (y) appare proprio nel momento in cui Dio appare. La creatura appare nel momento in cui Dio ek-siste. L’esistenza di Dio è l’apparire della creatura.

La parte è tale solo nel Tutto, partecipe del Tutto. La parte è l’apparire del Tutto in quanto la parte ne fa riferimento. La creatura è tale solo in Dio, essendone partecipazione. La creatura è teofania in quanto partecipa di Dio stesso. In questo modo – attraverso l’assunzione del concetto di creatio ex nihilo – si può affermare che la relazione del Tutto/Dio alle parti/creature costituisce l’identità e la realtà di Dio. Solo in questo senso specifico, la relazione di Dio alle creature è “reale” come quella della creatura a Dio, proprio perché il creato partecipa della realtà di Dio.

Un pensiero riguardo “Tutto/parte: mutualità?

  1. La parte è l’apparire del Tutto in quanto la parte ne fa riferimento … come nella fisica (quantistica) che non descrive un oggetto conchiuso,separato da chi lo osserva ; descrive bensì le interazioni di un sistema fisico con un altro, laddove ambo i sistemi possono intendersi quali osservatori l’uno rispetto all’altro. Lo stesso osservatore bipede parlante non è un ente che si colloca nell’empireo dell’osservazione neutrale, ma è un sistema fisico che interagisce con altri sistemi fisici. (C.Rovelli)

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