Le “tre” incarnazioni del Verbo

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (…) Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto” (Gv 1,1.3)

Perché Dio ha creato? Qual era lo scopo di Dio nel creare? L’universo stesso è eterno o l’universo è una creazione nel tempo come lo conosciamo, come Gesù stesso? Ammettiamo che probabilmente non sapremo mai il “come” e nemmeno il “quando” della creazione. Ma la domanda a cui la religione cerca di rispondere è principalmente il “perché”. Qual è l’intenzione divina di creare il mondo? Abbiamo persino bisogno di un “Dio” creatore per spiegare l’universo?

Tutto ciò che esiste in forma “materiale”, proviene da una Sorgente originaria che esiste solo come Spirito. Ciò viene detto in tutte le tradizioni religiose. Questa fonte infinita, invisibile originaria, “spirito”, in qualche modo si dà in forme “finite” e “visibili”, cioè “crea” enti finiti, crea “cose” finite, espressioni di questa sorgente infinita spirituale. Rocce, acqua, piante, organismi, animali ed esseri umani, sono tutte “forme” finite, materiali, limitate, della forma “infinita” spirituale.

Questa auto-rivelazione di Dio nella creazione – fisica, limitata e visibile – è la prima “incarnazione” della sorgente originaria, lo spirito-verbo-parola, molto prima della seconda incarnazione personale che i cristiani credono sia avvenuta con Gesù.

Quando i cristiani sentono la parola “incarnazione”, la maggior parte di noi pensa alla nascita di Gesù a Betlemme. In Gesù di “Nazareth” (probabilmente è questo il luogo dove Gesù è storicamente nato), si è data l’unità personale di Dio con l’umanità, di Dio con la materia. Ma il modello della “prima” e “originaria” incarnazione ci viene descritto in Gen 1,3 quando si parla dello “spirito” che aleggia sulle acque e la “parola” l’universo fisico. Lo spirito/parola diventa così la luce all’interno di ogni cosa. La “luce” è la prima creatura, embrione creaturale di ciò che si svilupperà fino ad arrivare a Gesù di Nazareth e poi si compirà nel cosmo divenuto Cristo.

L’Incarnazione, quindi, non è solo “Dio che si fa Gesù”. È un evento molto più ampio, motivo per cui Giovanni descrive per la prima volta la presenza di Dio nella parola generica “carne” (Gv 1,14). Giovanni sta parlando del Cristo onnipresente che continuiamo a incontrare in altri esseri, animati e non animati: uomini, montagne, fili d’erba o batteri. “Cristo” è una parola per il “modello” primordiale (Logos, Verbo, Esemplare) per mezzo del quale “tutte le cose sono state create e nessuna cosa ha avuto origine se non per mezzo di lui” (Gv 1,3). Vedere in questo modo l’evento dell’incarnazione ci permette di rileggere il “Credo” della Chiesa in modo trans-disciplinare: in dialogo con la scienza, le religioni e la mistica.

Attraverso l’atto della creazione, Dio ha manifestato la Presenza Divina che fluisce eternamente nel mondo fisico e materiale (vedere Romani 8:19–25). La materia ordinaria è il “nascondiglio” dello Spirito: il “tesoro” nascosto nel campo della mente di Dio.

I cristiani credono che questa presenza universale di Cristo, la Parola, l’Esemplare, sia successivamente “nato da una donna sotto la legge” (Gal 4,4), dentro al “nostro” paradigma cronologico. Questo è il modo con cui la fede cristiana “rilegge” questa verità cosmica.

Noi cristiani crediamo che la presenza di Dio sia stata riversata in un singolo essere umano, in modo che l’umanità e la divinità possano essere viste operare come una cosa sola in lui – e quindi in noi! Ma invece di dire che Dio è venuto nel mondo “attraverso” Gesù, forse sarebbe meglio dire che Gesù è uscito “da” un mondo già intriso di Cristo. Sono queste le metafore bibliche naturali – germoglio, tronco, terra – che ci indicano come la “seconda” incarnazione sia scaturita dalla prima, dall’unione amorosa di Dio con la creazione fisica.

L’uomo Gesù ha realizzato nella sua vita la Parola-Esemplare-Spirito dando a noi un esempio e una promessa di ciò che ciascuno di noi e ogni altra creatura è chiamato a realizzare: la “terza” incarnazione o “seconda” venuta di Gesù Cristo. È ciò che il “credo” confessa dicendo: “… e nella vita del mondo che verrà”.

Gesù ha offerto al mondo un esempio vivente di Amore pienamente incarnato che è emerso dalle nostre situazioni di vita ordinarie e limitate. In Gesù, Dio è entrato a far parte del nostro mondo piccolo e familiare. Gesù ha reso evidente come Dio sia presente nei limiti umani e nell’ordinarietà. Il “Nome” di Gesù ha svelato l’”Anonimato” di Dio, di ciò che è rimasto anonimo e in gran parte invisibile dall’inizio dell’universo. Questo è anche il senso dei primi trent’anni di vita di Gesù: anonimo galileo. Durante tutta la sua vita, Gesù stesso non trascorse tempo a salire-in-alto (far carriera), ma a scendere, “svuotando se stesso e divenendo uomo tra gli uomini” (cfr Fil 2,7), “tentato in ogni modo in cui siamo” (Eb 4,15) e “vivere nei limiti della debolezza” (Eb 5,2). Gesù è “veramente” Dio, poiché “veramente” uomo come noi.

Gesù ha percorso tutto il cammino umano, senza “scimmiottare” Dio, poiché si è compiaciuto di essere “umano”. La sua vita ha “esemplificato” il mistero della nostra vita. Come afferma Eb 4,15, “Poiché non abbiamo un sommo sacerdote che non sia in grado di simpatizzare con la nostra debolezza, ma ne abbiamo uno che era come noi in ogni cosa, ha sperimentato ogni tentazione e non si è mai tirato indietro”. Non dobbiamo aver paura della profondità e dell’ampiezza della nostra vita, di ciò che questo mondo ci chiede. Ci viene dato il permesso di entrare in intimità con le nostre esperienze, imparare da esse e permetterci di scendere nella profondità delle cose, anche dei nostri errori, prima di provare troppo velocemente a trascendere tutto in nome di una purezza o superiorità idealizzata. Dio si nasconde nelle profondità e spesso viene solo “intra-visto” poiché rimaniamo alla superficie delle cose e della nostra vita, perfino dei nostri peccati. Ma se entriamo in profondità, passeremo dall’ “intra-vedere” al “vedere” ciò che Gesù vide nella sua persona umana: di essere figlio di Dio, consustanziale alla Sorgente infinita, cioè in termini “teisti”, il Padre. 

La parola “vedere” fa riferimento alla radice sanscrita “vid”, da cui il verbo latino “video” = “vedo”. “Vid” significa, allo stesso tempo, “conoscere” e “vedere”. È una conoscenza, un “con-naître”, un “vedere” che ci fa “nascere”. Gesù ha “conosciuto” e quindi “visto” la Sorgente da cui è generato. Per questo (Gv 1,18) ci ha rivelato il mistero del Padre. Questo è il mistero che anche noi conosceremo poiché siamo il mistero che conosciamo. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna“ (Gv 3,16). 

Come Dio amando la carne diventa carne, così anche noi che siamo “carne” amando Dio diveniamo “Dio”, spirito. Le tre religioni monoteistiche – ebraismo, islam, cristianesimo – affermano che Dio ha creato tutte le cose. Ciò significa. allora, che ogni cosa, ogni carne, porta in sé il DNA divino. Dio comunica se stesso in tutte le cose, fino a quei bellissimi fili d’erba che crescono nel campo. Dio è in tutte le cose; tutte le cose sono in Dio. Il cristianesimo autentico è “pan-en-teista”. La fede cristiana non può non “vedere” tutte le cose in Dio. Deus suum ipsius et omnium esse (Dio è il suo e l’essere di tutte le cose). Solo essendo Dio l’essere di tutte le cose, tutte le cose possono conoscerlo. Ed essendo Dio, ogni uomo lo può conoscere. Su questo principio si fonda la “terza” incarnazione. “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2-3). Amando, diventeremo Dio poiché Dio è amore.

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