Amore radicale

6ª domenica – anno A

Matteo scrive il suo Vangelo a una comunità proveniente dal giudaismo. L’evangelista si vede costretto a bilanciarsi tra la continuità con l’ebraismo e la rottura che comporta il messaggio di Gesù. Le due parole chiave sono: non abolire ma adempiere.

Gesù rispetta tutta la legge ebraica, la Torah, ma, nello stesso tempo, la trascende radicalmente. “Io vi dico, se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.

Adempiere la Legge significa superare la Legge, sovrabbondare, andare continuamente oltre la lettera della Legge, quindi trasgredire la Legge, per raggiungere il nucleo della Legge, la radice, il centro e l’essenza della Legge.

L’interpretazione radicale che Gesù dà ai comandamenti di Dio non lo rende un fondamentalista religioso, un letteralista della Torah e ancor più un moralista ossessivo!

A volte, la nostra mente associa la “radicalità” al rigore, al volontarismo, al perfezionismo, alla mortificazione… È probabile che lo stesso Matteo sia caduto in questa stessa trappola quando parla di “strapparsi un occhio” o “tagliarsi una mano”. Il Gesù di Matteo era una specie di talebano del I secolo d.C.?

La parola “radicalità” fa riferimento a “radice”. Con ciò, l’enfasi si sposta da “cosa faccio”, quale azione radicale devo fare, a “da dove”, “da cosa” agisco. Perché è proprio il tipo di origine o principio, a partire dal quale agisco come persona religiosa, che definisce la mia radicalità religiosa. È una radicalità che allude a una radice, a una profondità di Vita: una sorgente di Fiducia.

L’apostolo Paolo definisce così questo grembo sottostante e avvolgente dal quale entriamo in contatto con la vita e nasciamo: “Parliamo della sapienza di Dio, misteriosa, nascosta, predeterminata prima di tutti i secoli per la nostra gloria”.

Questa stessa Divina Sapienza è il fondamento della Legge, il seno dal quale siamo generati come figli e figlie di Dio. “Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra; hai rivelato ai piccoli i misteri del regno».

La radicalità non consiste, quindi, nel cambiare il “contenuto” della norma – il cosa – e aggiungere un sovrappiù di tanti altri comandamenti. Radicalità significa vivere e dimorare in quel “luogo”, in quel “grembo”, in quel “seno”, – il dove – in cui si trova la nostra vera identità.

Matteo ha un altro nome per questo luogo dove siamo nati. Matteo lo chiama il “segreto” in cui il Dio invisibile “vede”. È un luogo dove gli occhi di Dio sono spalancati, come ci dice la prima lettura del libro del Siracide: “Grande è la sapienza del Signore; è potente e tutto vede. Gli occhi di Dio sono su quelli che lo temono; comprende ogni azione dell’uomo.

Nel capitolo 6, Matteo parla di preghiera-digiuno-elemosina. “Ma quando preghi/digiuni/fai l’elemosina, entra nella tua stanza, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è invisibile. Allora il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt 6:6) Siamo visti dal Dio invisibile, e quella vista divina ci genera come figli di Dio.

“Gesù rispose: ‘Non è scritto nella vostra Legge: ‘Ho detto che siete dei’?” La Legge – dice Gesù – chiama dèi coloro “ai quali è stata rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere infranta”. (Gv 10:34-35)

Questa è la “radicalità” di cui parla Gesù. È questa la “radicalità” di cui parla l’apostolo Paolo, additando lo Spirito che “scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio”. In questa profondità di radicalità, nasciamo come figli e figlie di Dio.

Quando l’occhio vede “ciò che occhio non ha visto” e l’orecchio ode, “ciò che orecchio non ha udito” e il cuore sperimenta ciò che non è entrato mai nel cuore dell’uomo, ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano e che Dio ci ha rivelato attraverso lo Spirito, allora si dà compimento della Legge.

Gesù è stato la primizia di questo compimento, realizzando così ciò che il profeta Geremia (31,33) promette:
“Questa è l’alleanza che stipulerò con il popolo d’Israele. Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò nei loro cuori. Io sarò il loro Dio e loro saranno il mio popolo”.

Perciò, dice il Vangelo di Giovanni riguardo a Gesù: “Tu, che sei uomo, ti fai Dio” (Gv 10,33). E Gesù risponde: “Perché mi accusi di bestemmia quando ho detto: ‘Sono Figlio di Dio’?”. (Gv 10:36).

La radicalità che Gesù sta indicando è l’eco di quell’eccesso di amore e gioia di cui fa esperienza e che scaturiscono da quella fonte che Gesù chiama “Abba – Padre”.

È l’esperienza dello Spirito che ci spinge continuamente oltre la lettera della Legge, per raggiungere il nucleo della Legge, la radicalità di quell’Amore in cui siamo generati continuamente.

“Questo è il suo comandamento, che ci amiamo gli uni gli altri”. (1Gv 3:23). “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri; perché l’amore è da Dio, e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio». (1Giovanni 4:7)

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