Contento è Dio

“Lazzaro è morto e io sono contento” (Gv 11,15). In queste parole di Gesù riportate dal Vangelo di Giovanni è racchiusa tutta la teologia: cristologia, teodicea, escatologia e dottrina trinitaria. Sì, propria tutta. Perché?

L’amico di Lazzaro è morto, e Gesù è contento. È racchiuso qui tutto ciò che si è detto a proposito dell’onniscienza e onnipotenza di Dio. Come può un Dio permettere il male? Qui abbiamo il volto “umano” di Dio, il “buon Gesù” (come si dice devotamente), che dice: è bene che sia morto, sono contento che sia così. È Gesù che dice questo. Il Dio “evangelico”: quello buono, non quello cattivo. Ciò ci costringe a dire che anche Gesù è dalla parte di chi afferma che “tutto” concorre al bene, anche il male. Sia quello fisico che quello morale. Sia quello “naturale” (sofferenza, ignoranza e morte) che quello “voluto” dall’uomo (il peccato!). Tutto concorre al bene. E la bontà, assieme alla conoscenza, è beatitudine. Sat-cit-ananda. Realtà-Consapevolezza-Beatitudine.

Gesù è contento della morte di Lazzaro poiché questa morte, questa perdita, manifesta la gloria di Dio. “Gesù disse: ‘Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio’” (Gv 11,4).  Anche il male è nella gloria di Dio. Perché? Il male manifesta la gloria ( = pienezza e splendore dell’Infinito) poiché Deus semper maior. Dio è sempre il maggiore. Dio è infinito, eccedenza, s-misurato. C’è più Dio (e quindi Bene) quando Dio non solo contiene il bene ma anche ogni bene, cioè anche il bene “redento”, cioè quel bene che il male nega e Dio redime, salva, e trasforma. C’è “più” bene nel male vinto che semplicemente nel bene. Per questo il “buon” Gesù è contento. La gloria di Dio non conosce limiti, è smisurata!

Se trasferiamo questo discorso sul piano ontologico e teologico, possiamo e dobbiamo dire che c’è molto più Dio nell’infinito che contiene il finito (cioè, infinito concreto reale) che nell’infinito “astratto”, separato (ab-straho) dal finito. La gloria di Dio, che è l’Infinito, non è “astratta”, pura idea vuota, ma è “concreta”, “attualizzata”, “reale”. Il Dio infinito è “contento”, poiché “contiene” ogni finito non come “separato” ma “in se stesso”. È interessante che la parola “contento” deriva etimologicamente dal verbo latino “continere” che significa “tenere in sé”, contenersi, essere soddisfatti di ciò che si ha. Dio “tiene in sé” la totalità dei finiti, che è la manifestazione della gloria di Dio.

Ma allora anche il male manifesta Dio? “Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato” (Gv 11,4-5). Il Male non è per il male, ma per la gloria del Bene. Tutto ciò che “è” e “accade”, manifesta Dio e lo manifesta non tanto nel “non” bene  – che, in quanto “non”, non-è –  ma nella “potenza” (dynamis) e “possibilità” di bene, che, anche nel “non-bene”, è presente. “Gesù disse a Marta: ‘Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?’” (Gv 11,40). La fede  – infatti –  è vedere tutto ciò che “è” e “accade” con gli stessi occhi di Dio, e Dio vede le cose/eventi come potenza-di-bene. “Tutto concorre al bene per coloro che amano Dio” (Rom 8,28).

Vedere la realtà tutta – nella sua determinatezza e finitezza – come “gloria” di Dio significa che la realtà (la totalità degli enti creati) è riflesso di Dio, del “figlio di Dio” che viene glorificato.  Noi siamo – e tutto il creato è – una cosa sola nell’unico “Figlio di Dio” che è l’espressione, l’immagine di Dio. “Chi vede me (= Gesù), vede il Padre” (Gv 12,45). Ma chi vede ogni uomo, vede Gesù (Mt 25, 31-46).  

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