
Tutte le religioni hanno conosciuto il pericolo di considerarsi assolute, dimenticando così di essere solo una via all’assoluto. Sono cadute nella tentazione di considerarsi l’obiettivo (l’assoluto), identificando il proprio messaggio con “la verità” e pretendendo di dettare le opportune norme alle quali tutti dovrebbero attenersi. In una parola, le religioni hanno posto il “principio religioso” al di sopra del “principio etico”.
Nel vangelo di Marco (3,1-6) troviamo la descrizione di questa trappola, che spiega anche il crescente conflitto tra Gesù ei rappresentanti ufficiali della religione giudaica. Un sabato, nella sinagoga, i farisei stanno alla ricerca per vedere se Gesù guarisce un malato, violando la legge. E quando ciò accade, colludono con gli erodiani per ucciderlo.
I farisei affermano il primato del “principio religioso”. Ciò che va sempre salvaguardato, al di sopra di ogni altra considerazione, è sempre la legge religiosa. Di fronte a questa esigenza, non è importante aiutare o guarire un malato. Il “principio religioso” quando è affermato da solo conduce inevitabilmente al legalismo religioso.
Al contrario, Gesù relativizza quel principio religioso per assecondarlo al “principio etico”. Consapevole della trappola religiosa e “addolorato per la durezza del loro cuore”, Gesù pone questa domanda: “Cosa è permesso di sabato: fare il bene o fare il male; salvare una vita o distruggerla?” Ed è così che Gesù presenta uno dei suoi principi più sovversivi: “Il sabato [la legge, la norma, la religione…] è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato”.
Ma non è l’unica volta che Gesù si manifesta in questo modo. Infatti, il “principio etico” – la religione non è al di sopra dell’etica, ma l’etica al di sopra della religione – attraversa e permea il vangelo.
Di fronte a coloro che possono vantarsi di essere suoi seguaci (“Nel tuo nome abbiamo profetizzato, nel tuo nome abbiamo scacciato i demòni, nel tuo nome abbiamo fatto molti miracoli”), Gesù è schietto: “Non chi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).
Sulla strada da Gerusalemme a Gerico, chi incontra Dio non è il sacerdote o il levita -fedeli aderenti alla legge religiosa-, ma il samaritano “eretico” che non metterebbe mai piede nel Tempio. E rivolgendosi al dottore della legge che gli aveva posto la domanda sul da farsi, Gesù, dopo aver narrato quella parabola, risponde con enfasi: “Va’ e fa’ anche tu lo stesso” (Lc 10,25-37).
Nella parabola del giudizio finale di Matteo 25, il criterio decisivo non è ciò in cui hanno creduto o quale religione hanno avuto, ma ciò che hanno fatto in favore degli altri: “Venite benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare…” (Mt 25,31-46).
Anteponendo l’etica alla religione, Gesù voleva affermare che c’è una via per incontrare Dio che non passa attraverso il tempio o la religione. Il cammino di piena realizzazione della propria vita si ha nell’agire a favore degli altri e non nell’osservanza religiosa. Il principio etico (il bene) “precede” e “informa” il principio religioso (il sacro).
Ma la novità evangelica di Gesù va oltre il principio etico. Nell’incontro di Gesù con il giovane ricco, il principio etico dell’agire è stato osservato: “Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre” (Mc 10,19). Il giovane ricco risponde: “Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Il giovane ricco “ha fatto il bene”, ha seguito il principio etico ma per Gesù c’è qualcosa d’oltre all’etica. “Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: ‘Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi’”. Non si può dire che il giovane non abbia fatto “tutto” il bene che doveva fare, poiché non ha ancora dato “tutto” ai poveri. Ciò che Gesù dischiude al giovane ricco è un “oltre”, un “al di là” del bene che è qualcosa di più. Gesù fissa, guarda dentro al giovane ricco e lo ama. Così agendo e così amandolo, Gesù distacca il giovane ricco da se stesso, anche dalla sua capacità di fare il bene. Il “va’, vendi, dà” non è un comandamento più esoso ed esigente degli altri che già aveva osservato. Il “va’, vendi, dà” indica una direzione, una prospettiva – una visione – entro cui realizzare la sua vita. Indica un terzo principio in cui vivere in pienezza. Si tratta del “principio mistico”.
Cos’è che impedisce al giovane ricco di procedere oltre nel suo cammino verso la vita eterna cioè in pienezza? L’avere molti beni; l’aver compiuto molte buone azioni. Il principio “etico” dischiude il regno dei cieli se è vissuto e assunto nel principio “mistico”. “Com’è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio” (Mc 10,24-25). La salvezza è possibile non presso gli uomini ma presso Dio. “Nessuno è buono, se non Dio solo”.
È lo sguardo di Dio e il nostro lasciarci guardare dalla bontà di Dio (principio mistico) che attrae tutto il nostro essere e agire (principio etico) verso il bene. Tale attrazione divina ci fa “uno” con la sorgente del bene (Dio) e con tutti gli altri esseri. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
I tre principi – religioso, etico e mistico – sono tra loro inclusi, ma il primato è dato da quello “mistico”. La sfera del “sacro” (principio religioso) si realizza in quella del “bene” (principio etico), e l’etica evita di diventare “moralismo” se viene assunta nella sfera dell’“amore divino” che è incondizionato e assoluto. Oltre il sacro e criterio del sacro è il bene; ma oltre il bene e criterio di ogni bene è l’amore incondizionato di Dio. L’apostolo Paolo ci presenta in maniera chiara ed esplicita nell’inno alla carità (1Cor 13, 1-13) il primato mistico dell’amore di Dio su quello etico e quello religioso: “Se conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla (principio religioso). Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri (principio etico), e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente”.
Una cosa sola ci manca, dopo tutte le nostre pratiche religiose e le nostre buone azioni, di abbandonarci nell’amore di Dio. “Queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l’amore” (1Cor 13,13).