Il tempo attuale è caratterizzato da una forte tensione tra inquietudine e fiducia per diversi motivi. Viviamo in un’epoca di cambiamenti rapidi e profondi, sia a livello sociale che tecnologico, che influiscono direttamente sulla percezione del nostro posto nel mondo e sulla ricerca di senso. Ecco alcuni motivi per cui questa dinamica di inquietudine e fiducia è così presente oggi:
1. Incertezza e Rapidità del Cambiamento
Il progresso tecnologico e scientifico sta trasformando rapidamente la società. Questo genera un senso di disorientamento e di perdita di riferimenti stabili. La pandemia globale, le crisi climatiche, le instabilità politiche e i rapidi cambiamenti culturali hanno accentuato la percezione che il mondo sia meno prevedibile e sicuro rispetto al passato.
Di fronte a queste trasformazioni, l’inquietudine nasce dal fatto che il futuro appare incerto e complesso. Questo senso di precarietà si riflette nella paura del domani, nella difficoltà a trovare punti di riferimento e nella sensazione di vivere in un’epoca di transizione.
2. Crisi delle Certezze Tradizionali
Le grandi narrazioni che per secoli hanno offerto stabilità e sicurezza, come la religione tradizionale o le ideologie politiche, hanno perso il loro potere di unire e orientare le persone. Questo ha generato un vuoto esistenziale che molti percepiscono come inquietudine e smarrimento.
In risposta a questa crisi, si sviluppa un bisogno di ritrovare una forma di fiducia e di speranza, che può esprimersi in vari modi: spiritualità personali, riscoperta di pratiche meditative, o impegno per il bene comune e la sostenibilità.
3. La Ricerca di Significato
L’inquietudine può essere vista anche come una spinta alla ricerca di senso. In un mondo dove i valori sembrano essere relativizzati e le certezze scosse, molte persone cercano una comprensione più profonda della vita e della realtà. La spiritualità e le pratiche contemplative diventano spazi in cui cercare risposte al proprio bisogno di significato.
La fiducia, in questo contesto, diventa il punto di arrivo di un cammino interiore. È una fiducia che non ignora le difficoltà del mondo, ma che le attraversa, cercando di ancorarsi a qualcosa di più grande, che sia la fede, un senso di interconnessione universale, o una fiducia nella capacità umana di trovare soluzioni.
4. Spiritualità e Pratiche Contemplative
Mai come oggi si assiste a una riscoperta di pratiche come la meditazione, lo yoga, la mindfulness, che aiutano le persone a trovare un equilibrio interiore e a gestire l’ansia e l’inquietudine. Queste pratiche permettono di creare uno spazio di fiducia nel proprio mondo interiore, anche quando tutto all’esterno sembra incerto.
L’inquietudine diventa così un’opportunità per una ricerca più profonda, per scoprire risorse di resilienza interiore. La fiducia non è più una certezza cieca, ma un atteggiamento che si sviluppa attraverso il contatto con la propria interiorità e con il mistero della vita.
Nelle pratiche contemplative che in questo tempo sono sempre più ricercate un ruolo essenziale ha il silenzio. l silenzio gioca un ruolo centrale nel rapporto tra inquietudine e fiducia nel tempo attuale. In un’epoca caratterizzata da rumori incessanti, informazioni continue e un flusso costante di stimoli, il silenzio si presenta come uno spazio necessario per l’ascolto interiore e la riflessione profonda. Ecco come il silenzio contribuisce a questo dialogo tra inquietudine e fiducia:
Il Silenzio come Spazio per l’Inquietudine
L’inquietudine spesso emerge quando ci si ferma e si permette al silenzio di far emergere domande e dubbi che normalmente si evitano. In questo senso, il silenzio diventa uno spazio in cui le domande profonde sulla propria esistenza, sul senso della vita e sul dolore umano possono essere ascoltate senza filtri.
Il silenzio permette di accogliere la propria vulnerabilità, di fare i conti con le paure, le incertezze e le insicurezze. In un mondo che tende a riempire ogni momento di distrazioni, il silenzio ci riporta alla realtà della nostra fragilità, facendoci sentire l’inquietudine in modo più autentico.
Il Silenzio come Luogo di Incontro con la Fiducia
Il silenzio non è solo lo spazio dove l’inquietudine viene a galla, ma è anche il luogo in cui si può ritrovare la fiducia. Nella tradizione spirituale e meditativa, il silenzio è considerato un mezzo per accedere a una dimensione più profonda di sé e, per chi ha una fede, a un incontro con il divino.
Attraverso il silenzio, si può percepire una presenza che va oltre le parole e le spiegazioni razionali, una realtà più grande che può infondere un senso di pace e fiducia. Questo avviene perché nel silenzio si sperimenta l’essere semplicemente presenti, accettando la realtà così com’è, senza cercare di controllarla o modificarla.
Silenzio e Ascolto Interiore
In un tempo di grande incertezza, il silenzio offre un’opportunità di ascolto interiore, che diventa una pratica essenziale per distinguere tra i mille stimoli esterni e ciò che è veramente significativo per noi. L’ascolto silenzioso permette di connettersi alla propria dimensione interiore, di fare chiarezza sui propri desideri e sulle proprie paure.
Questo ascolto può essere anche un ascolto del sacro, della propria intuizione, della voce della coscienza. Il silenzio diventa così un terreno fertile in cui la fiducia può germogliare, perché permette di accogliere la propria umanità e di scoprire un senso di appartenenza a qualcosa di più grande.
Il Silenzio come Rimedio alla Sovrabbondanza di Stimoli
Nel contesto culturale attuale, dominato dai social media, dalle notizie in tempo reale e da un flusso ininterrotto di informazioni, il silenzio diventa un antidoto. Esso offre una pausa, un momento per recuperare la lucidità e ridare priorità a ciò che è davvero essenziale.
Praticare il silenzio, che sia attraverso la meditazione, la contemplazione o semplicemente il fermarsi, aiuta a ritrovare la calma e a coltivare una fiducia che non dipende dai risultati esterni, ma da un senso di serenità interiore.
Silenzio e Relazione con il Divino
In molte tradizioni religiose e spirituali, il silenzio è visto come il luogo privilegiato per l’incontro con Dio. Nel cristianesimo, ad esempio, l’esperienza del deserto e del ritiro silenzioso è stata spesso una via per incontrare più profondamente la presenza divina. Il grido di Gesù sulla croce, «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», può essere visto come un momento di estrema inquietudine, ma anche come l’inizio di un silenzio che si apre alla fiducia della risurrezione.
Il silenzio diventa così una forma di preghiera, non fatta di parole ma di ascolto, di apertura, di fiducia nell’invisibile. Anche quando sembra che Dio sia assente, il silenzio è lo spazio in cui si può avvertire una presenza che non si esprime con il rumore, ma con una profonda quiete.
Il Silenzio nella Musica e nell’Arte
Anche nella musica e nelle arti, il silenzio gioca un ruolo fondamentale. Le pause musicali, i momenti di silenzio tra le note, sono ciò che dà respiro e significato alla melodia. Il silenzio, nella sua funzione di attesa, crea la tensione necessaria affinché la musica possa esprimere emozioni profonde.
Nell’arte contemporanea, il silenzio può diventare un mezzo espressivo che permette di riflettere sull’assenza, sul vuoto, ma anche su ciò che rimane non detto, lasciando spazio all’immaginazione e alla riflessione personale.
5. Inquietudine e Fiducia nelle Relazioni Umane
La fragilità delle relazioni e la solitudine sono temi sempre più presenti nella società contemporanea. L’inquietudine nasce dalla percezione di una mancanza di legami autentici e duraturi. Tuttavia, in risposta a questo, c’è anche una spinta a cercare relazioni più profonde e significative, che possano essere fonte di fiducia e sostegno.
L’esperienza di fiducia si costruisce anche attraverso il senso di appartenenza a una comunità e la riscoperta della solidarietà. In un mondo in cui si percepisce la frammentazione, la fiducia diventa un atto di speranza verso gli altri, un modo per rispondere all’insicurezza collettiva con un impegno comune.
Certezza della fede e incertezza della croce
Le chiavi musicali sono segni grafici posti all’inizio dello spartito che servono a indicare l’altezza delle note sul pentagramma e dunque ne determinano il nome e la conseguente corretta lettura al momento dell’esecuzione.
Uno spartito in cui non è indicata la chiave musicale è uno spartito muto, ossia le note non sono identificabili perché è la loro posizione in relazione a quella chiave a determinarne la natura e il nome.
Così è anche la vita, e ancor più la vita di quell’uomo di nome Gesù. Il grido “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, è quella chiave musicale per poter interpretare la sua vita. Sembra dire più l’incertezza del destino di Gesù che la sua certezza. Quella domanda lascia in sospeso il destino di Gesù. La sua sorte non è ancora del tutto decisa. Non è determinata e certa.
La croce manifesta qualcosa di incertezza. Sì, è l’incertezza della croce. C’è qualcosa di indeciso ancora. Qualcosa di indeterminato. Qualcosa di “in-sospeso” pende lì, sulla croce. Gesù è sospeso sulla croce in attesa di qualcosa che ancora non è stato deciso.
Il grido di Gesù sulla croce rappresenta l’inquietudine più profonda, l’incertezza nelle e delle esperienze spirituali più intense. Questo momento esprime un sentimento umano universale: il senso di abbandono, dell’in-sospeso.
Tuttavia, il grido di Gesù non è solo un grido di disperazione; esso rimanda anche alla fiducia profonda che, nonostante l’apparente assenza, Dio è comunque presente. Questo paradosso tra inquietudine e fiducia è al centro della meditazione e della spiritualità: è il movimento dall’incertezza alla scoperta di un senso di pace interiore che può emergere solo attraverso la vulnerabilità.
Nella pratica meditativa, affrontare l’inquietudine e il vuoto è un passaggio cruciale per giungere alla fiducia profonda, come se fosse un invito a lasciarsi andare in un abbandono fiducioso, nonostante le difficoltà.
L’”insospeso” in un pezzo musicale gioca un ruolo fondamentale nel creare tensione, aspettativa ed emozione, contribuendo alla dinamica complessiva dell’ascolto. Questo concetto può manifestarsi in diversi modi all’interno della musica, come ad esempio nelle pause, nelle sospensioni armoniche, o nei ritardi melodici.
Culturalmente, questa tensione tra inquietudine e fiducia ha ispirato molte opere che esplorano la dualità tra l’oscurità della sofferenza e la luce della speranza. La musica, in particolare, è stata spesso usata come mezzo per esprimere l’angoscia dell’anima e, allo stesso tempo, la speranza di una redenzione. Pensa, ad esempio, alla musica sacra, che alterna toni gravi e solenni, che rappresentano il dolore umano, a momenti di grande elevazione spirituale che simboleggiano la fiducia nella misericordia divina.
Il grido di Gesù può essere visto come l’incarnazione dell’inquietudine umana di fronte al mistero dell’esistenza, ma anche come un segno di fiducia nella promessa di una realtà più grande che va oltre il dolore presente. La meditazione e la riflessione spirituale invitano a esplorare proprio questa tensione, insegnando che il senso più profondo della fede non è negare la sofferenza o l’incertezza, ma trovare la forza per attraversarle, scoprendo la fiducia nell’ineffabile.
In questo senso, l’inquietudine e la fiducia non sono opposti ma due aspetti di un unico cammino umano e spirituale. Il grido di Gesù ci insegna che l’incertezza e la vulnerabilità fanno parte della condizione umana e spirituale, ma allo stesso tempo ci invita a trovare nella nostra ricerca di significato una fiducia che ci accompagna anche nei momenti più bui. L’arte, la musica e la meditazione sono canali attraverso i quali possiamo esplorare queste dimensioni, riconoscendo che il mistero dell’esistenza e del divino si svela proprio nei momenti di maggiore fragilità e apertura.
Quale immagine di Dio per l’uomo inquieto e abbandonato?
L’incertezza della croce rivela la divinità di Gesù. Il suo destino divino non è deciso, non può essere determinato o fissato. Risolto. L’incertezza della croce non è momentanea. Non è solubile e risolvibile in una semplice risurrezione. Risolto/risorto.
L’incertezza della croce dischiude sì il divino, ma al di là di ogni “questo” o “quello”. Un giudizio in-sospeso, indeciso. Il segreto messianico non è risolto nella croce. Vedendolo morire, alcuni dicono: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». Ma il centurione disse: “Questi veramente era il figlio di Dio”. Se così fosse, la fede non sarebbe necessaria. Per credere.
L’incertezza della croce non si lascia risolvere nella fede. Rimane l’incertezza dell’in-sospeso che rivela il divino destino di Gesù e di ogni uomo.
La fede non decide nulla della croce, ma decide solo di sé. La fede rivela la croce, velandone l’incertezza. É insopportabile l’incertezza della croce e va risolta. Dissonanza cognitiva. Assicurandosi, la fede decide dell’incertezza della croce. Ma questa – l’incertezza – rimane.
L’immagine di Dio che emerge dal grido di Gesù sulla croce, è quella di un Dio che non è distante né separato dalla sofferenza umana, ma profondamente coinvolto nella fragilità e nelle domande esistenziali degli esseri umani. Tuttavia non interviene. È un Dio che non si manifesta come potenza trascendente e onnipotente, ma si rivela come compagno di viaggio nelle esperienze più dolorose e nelle incertezze dell’animo umano.
Il grido di Gesù, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, ci mostra un Dio che non evita la sofferenza, ma che l’assume su di sé. Questo ribalta l’immagine di un Dio distante e indifferente, proponendone una che si avvicina radicalmente all’umano. Dio si manifesta come un Mistero che accoglie e condivide la sofferenza, diventando solidale con l’umanità proprio nel momento del suo massimo smarrimento. È un Dio che non teme la vulnerabilità, ma che la vive e la attraversa.
Questa prospettiva ci parla di un Dio che si fa presente non necessariamente nella certezza o nel conforto immediato, ma nell’incontro con la nostra stessa inquietudine. L’immagine che emerge è quella di un Dio che si fa trovare proprio nel silenzio delle nostre domande, nella profondità del dubbio. È un Dio che non fornisce risposte preconfezionate, ma che ci invita a un dialogo intimo e profondo, nel quale siamo spinti a riconoscere la Sua presenza nascosta anche nelle nostre esperienze di smarrimento.
Anche se il grido di Gesù sembra esprimere un senso di abbandono, porta con sé una fiducia radicale. Rivolgersi a Dio nel momento di estrema disperazione è un atto di fede profonda: significa credere che, nonostante tutto, Dio è lì, anche quando sembra assente. Questa immagine di Dio non è quella di un essere che risolve magicamente le difficoltà, ma di un Dio che chiede fiducia anche quando non riusciamo a percepire il Suo volto. È un Dio che ci invita a scoprire, attraverso il dolore e la ricerca, un senso più ampio e una comunione più profonda con la realtà.
La spiritualità e la meditazione, soprattutto nelle esperienze di incertezza, ci parlano di un Dio che non è solo oggetto di una fede dogmatica, ma un Mistero che si sperimenta nella relazione personale. L’immagine di Dio che si rivela qui è quella di un “Tu” che ci accompagna nel nostro cammino interiore, una presenza che si fa sentire come un sussurro nelle profondità del nostro essere. Questa immagine è molto più vicina a quella di un Dio che desidera relazionarsi e accompagnare, piuttosto che a quella di un giudice distaccato.
Infine, Dio si rivela come forza trasformante, capace di portare alla luce un senso nuovo anche attraverso il buio dell’inquietudine. È un Dio che non si limita a consolare, ma che trasforma l’esperienza del dubbio e della sofferenza in un’occasione di crescita spirituale e di apertura verso una nuova comprensione del divino. Questa immagine è simile a quella di un processo alchemico: il dolore diventa parte del cammino verso una consapevolezza maggiore e una fede più autentica.
Un brano musicale e poetico che esprime profondamente il tema dell’inquietudine, del senso di abbandono, ma anche della ricerca di fiducia e speranza in Dio è Passio di Arvo Pärt. Questa composizione musicale, ispirata alla Passione secondo Giovanni, presenta un linguaggio musicale minimalista e meditativo che rispecchia il dramma interiore della sofferenza e del grido di Gesù sulla croce, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
Musica: Passio di Arvo Pärt
Compositore: Arvo Pärt è noto per il suo stile musicale minimalista, definito tintinnabuli, caratterizzato da una semplicità profonda e da un’atmosfera spirituale che sembra quasi sospendere il tempo.
Brano: Passio Domini Nostri Jesu Christi secundum Joannem (La Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni).
Descrizione: La musica di Passio è lenta, meditativa, quasi ipnotica, con momenti di tensione e di profonda riflessione. L’uso delle voci e degli strumenti crea un senso di silenzio interiore e di ricerca spirituale, che richiama l’esperienza della sofferenza di Gesù e il suo senso di abbandono, ma anche la sua fiducia nel Padre.
Il Salmo 22 della Bibbia, che inizia con le parole esclamate da Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Questo salmo è un esempio perfetto di come il lamento e l’invocazione di aiuto si trasformino in una preghiera di fiducia e speranza.
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
“Sono lontane le parole del mio lamento.”
“Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto.”
“Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea.”
Questo salmo esprime una tensione tra l’inquietudine del sentirsi abbandonati e la fiducia in una presenza divina che, nonostante tutto, non si è del tutto allontanata. La transizione dalla disperazione alla speranza è un viaggio interiore che rispecchia la stessa dinamica espressa nel grido di Gesù e nel desiderio di trovare senso nella sofferenza.
Arvo Pärt, con la sua musica, offre un’interpretazione sonora del silenzio e della profondità della spiritualità, come quella espressa nel Salmo 22. La musica di Passio e le parole del Salmo 22 creano un dialogo interiore tra il buio dell’abbandono e la luce della fede ritrovata, offrendo uno spazio di meditazione che rispecchia esattamente l’esperienza del dolore trasformato in ricerca di senso e in una fiducia che si riscopre, passo dopo passo.