
«Considero la dottrina della dipendenza ontologica simmetrica come la caratteristica distintiva del panenteismo rigoroso» (Lina Langby, God and the world, 71).
Nel pensiero filosofico contemporaneo, il rapporto tra Dio e il mondo rimane uno dei temi più profondi e controversi. Tra le numerose proposte speculative, il modello del panenteismo asimmetrico emerge come una posizione capace di unire rigore ontologico e apertura metafisica, conciliando la trascendenza divina con l’immanenza del mondo. In questa esposizione, svilupperemo in chiave teoretica una forma particolare di panenteismo asimmetrico, che può essere letta come Monismo Relativo, il cui cuore è l’affermazione che Dio include il mondo senza esserne ontologicamente condizionato.
1. Il punto di partenza: una formulazione simbolica
La proposta può essere espressa in forma simbolica mediante l’equazione:
x = x + y, dove:
xrappresenta Dio,yrappresenta il mondo,x + yindica la relazione di Dio con il mondo.
Questa formulazione, apparentemente paradossale, può essere interpretata nel seguente modo: Dio è la sua relazione al mondo, ma questa relazione non modifica ciò che Dio è. Se si considera la struttura dell’equazione, ne segue che:
x = x + y → y = 0, quindi x = x.
Il mondo, ontologicamente considerato fuori da Dio, è nulla. Esiste soltanto in quanto è incluso nella realtà divina. Dio, invece, resta identico a se stesso: non ha bisogno del mondo per essere ciò che è.
2. Il fondamento teorico: l’ontologia partecipativa
Questa intuizione conduce a una concezione in cui il mondo possiede realtà solo per partecipazione all’essere divino. Non ha in sé alcuna consistenza autonoma (y = 0), ma deriva tutta la propria esistenza dal fatto di essere incluso in Dio. La dipendenza è dunque ontologicamente unilaterale: il mondo dipende da Dio, ma Dio non dipende dal mondo.
Tale visione richiama la tradizione neoplatonica, in cui l’Uno è sorgente di tutto, senza che l’efflusso delle cose limiti o modifichi la perfezione della sorgente. L’essere del mondo è reale, ma solo come relazione sostanziale, non come sostanza. Tommaso d’Aquino parlerà in tal senso di partecipazione all’essere: Dio è l’Essere per essenza; tutto il resto è essere per partecipazione o relazionale
3. Il panenteismo asimmetrico come struttura metafisica
Questa visione si inscrive con coerenza nella cornice del panenteismo asimmetrico, inteso non solo come una posizione intermedia tra teismo e panteismo, ma come una teoria ontologica pienamente articolata. Le sue caratteristiche fondamentali sono:
- Inclusione: il mondo è incluso in Dio, ontologicamente contenuto nella sua realtà.
- Asimmetria: il mondo dipende da Dio per il proprio essere; Dio non dipende dal mondo.
- Autosufficienza divina: Dio è identico a se stesso, indipendentemente dalla creazione.
- Partecipazione relazionale: il mondo è relazione a Dio, ed esiste in quanto tale.
Il panenteismo asimmetrico consente di dire che Dio è intimamente presente in tutto, non perché si confonde con il mondo, ma perché tutto è costitutivamente riferito a Lui. L’immanenza divina è reale, ma fondata nella trascendenza.
4. Confronto con le posizioni classiche
A differenza del teismo classico, che separa Dio dal mondo (Dio crea ex nihilo, ma resta “fuori” dalla creazione), qui si riconosce che il mondo è in Dio, senza che ciò implichi mutamento o dipendenza da parte divina.
A differenza del panenteismo simmetrico, non si afferma che Dio dipenda dalla relazione col mondo per essere ciò che è. La relazione è costitutiva del mondo, non di Dio.
Infine, a differenza del panteismo, Dio non è identico al mondo: l’equazione x = x + y implica che y = 0, dunque il mondo è distinto da Dio, ma senza consistenza autonoma.
5. Conseguenze metafisiche e teologiche
Questa concezione apre a importanti sviluppi teorici:
- Permette una teologia della creazione in cui il mondo è reale ma non assoluto.
- Fondamenta una teologia della dipendenza: tutto ciò che esiste è radicato in Dio.
- Sostiene una ontologia relazionale forte: l’essere non è posseduto, ma partecipato.
- Preserva la trascendenza divina, non come distanza, ma come sovrabbondanza.
In questo quadro, la preghiera, la provvidenza, l’agire divino, trovano senso non perché Dio interviene dall’esterno, ma perché tutto ciò che accade è già da sempre in Dio, senza che ciò neghi la libertà delle creature.
6. Conclusione
Il panenteismo asimmetrico, nella forma qui delineata, si configura come una visione teoretica rigorosa e profonda. Esso afferma che Dio è tutto ciò che è, ma che tutto ciò che è non è Dio. Il mondo esiste solo come relazione a Dio; Dio è identico a sé, senza dipendere dal mondo. In tal modo, questa visione si pone come una sintesi tra i grandi modelli storici, reinterpretandoli alla luce di un’ontologia della partecipazione che riconosce la centralità assoluta dell’essere divino, senza negare la realtà del cosmo che da esso scaturisce.




